Interviste

Serena Dominijanni

Vincitrice della seconda edizione del concorso Artigiano del Cuore, nella categoria Percorsi d'eccellenza

La strada per diventare un maestro d’arte è lunga e richiede grandi sacrifici, ma in due è senz’altro più semplice! Lo sa bene Serena Dominijanni, che da qualche anno ha aperto con suo marito una legatoria artistica a Roma e, ad aprile 2019, ha trionfato alla seconda edizione del concorso Artigiano del Cuore, nella categoria Percorsi d’eccellenza.

Complimenti per la vittoria! Come hai vissuto il concorso Artigiano del Cuore?
È stato al contempo appassionante e divertente. Mi ha dato modo di riflettere sulle motivazioni che mi hanno spinto a intraprendere questo mestiere e di condividerle. Inoltre, è stata un’ottima possibilità di ricontattare tanti clienti e amici del laboratorio che in questi anni ci hanno conosciuto e che con piacere ci hanno supportato. Infine, grazie al concorso, ho potuto conoscere le storie degli altri restauratori e artigiani in gara, traendo ispirazione da alcuni di loro e ovviamente esprimendo anch’io le mie preferenze.

Qual è stata la tua formazione e che valore ha avuto l’esperienza con Fondazione Cologni, nel progetto “Una Scuola, un Lavoro”?
Nel 2011 ho conseguito la Laurea specialistica in Storia dell’Arte presso l’Università di Roma Tor Vergata, con una tesi in “Teoria e storia del restauro”. Le ricerche nelle biblioteche e negli archivi mi hanno avvicinato sempre di più al mondo librario, spingendomi a tentare il concorso presso l’Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario. Ho iniziato così questo secondo percorso di studi, conclusosi nel 2015. Il progetto “Una Scuola, un Lavoro” mi ha dato poi la possibilità di rimanere altri sei mesi all’interno dell’Istituto, approfondendo ricerche che avevo iniziato con la tesi, partecipando a convegni e contribuendo a nuovi interventi di restauro.

In un Paese in cui sempre più artigiani abbassano la saracinesca e sempre meno giovani trovano il coraggio di avviare un’attività, tu hai deciso di aprire una legatoria artistica. Cosa ti ha portato a questa scelta?
In parte la scelta è stata dettata dalla necessità, in parte dalla convinzione che potesse trattarsi di un’esperienza di crescita. Purtroppo, come accade a molti giovani, le prospettive di impiego a seguito della Laurea erano limitate, ho sentito quindi il bisogno di crearmi l’occasione di lavoro senza aspettare che mi fosse offerta. D’altra parte, ho intravisto nell’unione professionale con mio marito Michele una grande opportunità, lavorando io come restauratrice e lui come grafico e legatore. Grazie ai frutti che stiamo raccogliendo, oggi possiamo dire che è valsa la pena buttarsi in questa “rischiosa” avventura.

Di cosa vi occupate nel vostro laboratorio?
Nel nostro laboratorio eseguiamo interventi di restauro su materiale archivistico, librario, opere d’arte su carta e materiale fotografico. A questo si affianca il processo di digitalizzazione, ormai molto richiesto. Eseguiamo, inoltre, lavori di legatoria moderna di vario tipo e realizziamo fac-simili di legature antiche. Siamo specializzati nella doratura a caldo per impressione di titoli e immagini, con impiego sia di caratteri mobili che di cliché realizzati ad hoc.

Perché pensi sia importante tramandare un mestiere così antico?
C’è ancora fortemente bisogno di questo come di altri mestieri artigianali. Ad esempio, le moderne tecnologie non sono in grado di sostituire la tecnica antica del restauro e della riproduzione di legature antiche: pensiamo alla sensazione tattile data da un titolo impresso a caldo su un dorso o all’esplosione di colore di una carta marmorizzata a mano (e non stampata!) su una copertina. Perdere tutto questo può essere paragonato a sostituire dipinti su tela con riproduzioni al plotter: viene a mancare lo spessore, la materia, il dato sensoriale.
Mentre sono in laboratorio a restaurare manoscritti o a cucire un capitello, spesso passano dei clienti per prendere un album o un quaderno e, timidamente, mi chiedono di potersi fermare a guardare. È un mestiere che riesce ancora a stupire.

In cosa consiste secondo te un lavoro “ben fatto”? Che valore aggiunto offrite ai vostri clienti?
Rispondo con una citazione tratta da ‘Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta’, di Robert Pirsig: “Qualsiasi lavoro tu faccia, se trasformi in arte ciò che stai facendo, con ogni probabilità scoprirai di essere divenuto per gli altri una persona interessante e non un oggetto. […] Quel lavoro di Qualità che pensavi nessuno avrebbe notato viene notato eccome”.
Il valore aggiunto del nostro lavoro consiste nel dialogo continuo con i clienti: abbozzare un’idea, scegliere insieme il materiale e l’accostamento di colori, cercare di cogliere ciò che realmente vogliono vedere realizzato e, a volte, superare anche le loro aspettative.

In che modo cercate, attraverso i vostri prodotti, di raggiungere un pubblico più giovane? Utilizzate i social network?
Cerchiamo di raggiungere clienti più giovani realizzando prodotti altamente personalizzabili, adattandoli alle loro esigenze con un gusto moderno. Sono molti i ragazzi che si rivolgono a noi per creare insieme il proprio album di matrimonio o la tesi di laurea, ma anche per personalizzare quaderni, diari e agende.
Sicuramente i social sono un ottimo strumento per comunicare la propria attività e anche noi cerchiamo di sfruttarli quando possibile. Tuttavia, abbiamo notato che il contatto diretto con le persone, in particolare a fiere e mercati, o il “passaparola”, ha avuto in tante occasioni un impatto più diretto e duraturo.

Se volessi convincere un/a giovane a intraprendere la tua stessa carriera, cosa gli/le diresti?
Direi che è un lavoro difficile, senza orari e con molte responsabilità, soprattutto quando si ha a che fare con interventi su beni culturali. Ma è indubbiamente impagabile la soddisfazione che si prova nel consegnare un lavoro “ben fatto”, nel vedere la gratitudine di un cliente per aver recuperato il diario del nonno, nel sapere che un libro può tornare fruibile in una biblioteca o nel vedere un’idea trasformarsi in oggetto d’arte.

 

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