Interviste

Carlotta Corduas

Una delle vincitrici della seconda edizione del concorso Artigiano del Cuore, nella categoria Percorsi d'eccellenza

Napoletana, solare e determinata: Carlotta Corduas è una delle due vincitrici del concorso Artigiano del Cuore 2019, nella categoria Percorsi d’eccellenza. Tra passione e sacrificio, tra ambizioni e mille difficoltà, ci ha raccontato cosa vuol dire inseguire il sogno di diventare una grande professionista del restauro.

Complimenti per la vittoria! Come hai vissuto il concorso Artigiano del Cuore?
Partecipare al concorso è stato molto emozionante: ho avuto modo di percepire l’affetto e il sostegno delle persone che credono in me e in quel che faccio, per tutto questo sono davvero grata. Credo di essere riuscita a trasmettere la mia passione e il mio entusiasmo. Chi conosce bene la mia storia sa che affronto anche dei sacrifici, ma con la mia energia posso superare qualsiasi difficoltà!

Qual è stata la tua formazione e perché hai scelto di diventare una restauratrice?
Il mio percorso di formazione è stato abbastanza tortuoso. A Napoli ho studiato per due anni Architettura, per poi laurearmi in Conservazione dei Beni Culturali, indirizzo storico-artistico. Non sazia degli studi teorici, sentivo il bisogno di sviluppare la mia manualità e le competenze tecniche in questo settore, avevo il desiderio di contribuire in modo più profondo e diretto alla conservazione di preziosi manufatti. Così ho deciso di trasferirmi a Firenze per studiare restauro, specializzandomi in manufatti policromi su supporto ligneo e tessile. Una magnifica esperienza che mi ha permesso di realizzarmi professionalmente e di apprendere sul campo, dando il mio contributo nel restauro di opere a Firenze, Torino e Milano.

Che valore ha avuto l’esperienza con Fondazione Cologni, nel progetto “Una Scuola, un Lavoro”?
Far parte del progetto “Una Scuola, un Lavoro” è stato davvero significativo per me. In un momento importante come la fine di un percorso di formazione, che potrebbe spaventare chiunque, la Fondazione Cologni mi ha dato la possibilità di lavorare da subito con due restauratrici napoletane che considero molto speciali: Annalisa Pellecchia e Valentina Gallo. Nel loro laboratorio Demo Restauri ho potuto fare esperienze bellissime e oggi, grazie a loro, mi sento arricchita, umanamente e professionalmente. Da loro ho appreso la forza e la perseveranza: sono due donne che si fanno in quattro per contribuire con la loro esperienza alla conservazione di opere d’arte, su un territorio difficile come quello napoletano.

Cosa ami del tuo lavoro?
Considero il restauro un mestiere entusiasmante sotto tutti i punti di vista. Quando osservo un’opera d’arte da vicino ne percepisco la reale bellezza e ricevo numerosi stimoli, alcuni dei quali mi conducono poi verso una riflessione tecnica più approfondita. Comincio così a ragionare sulle problematiche conservative e sulle possibili soluzioni, attingendo dai miei studi anteriori, da ricerche e da continui aggiornamenti: questo mestiere mi porta a mantenere la mia mente costantemente attiva.
Infine, una volta individuata la strada da intraprendere, coinvolgo le mani e agisco al fine di ottenere il risultato migliore e più in sintonia possibile con l’opera concepita originariamente dall’artista. È un lavoro di immedesimazione, non sempre facile.

Qual è invece la parte più difficile? In cosa vorresti migliorare?
Può capitare talvolta di sentirsi inadeguati, perché materiali e metodi di intervento nel mondo del restauro sono in continua evoluzione e non è semplice tenersi costantemente aggiornati. Per questo motivo, dopo tutti gli anni di studio passati, continuo ancora oggi la mia formazione. Aspiro a diventare una figura di riferimento nel settore e sono convinta che una delle chiavi per raggiungere questo obiettivo sia migliorare sempre se stessi, dentro e fuori l’ambito lavorativo.

A cosa stai lavorando al momento e qual è il tuo obiettivo per il futuro?
Attualmente sto allestendo un piccolo spazio all’interno di un laboratorio condiviso, nel quale vorrei dedicarmi al restauro di alcune opere appartenenti a privati napoletani e, contemporaneamente, alla realizzazione di progetti artistici personali.
In futuro, mi piacerebbe strutturare questa attività in un laboratorio polifunzionale dedicato, insieme a una mia cara amica e collega conosciuta durante gli studi a Firenze. È una cosa di cui parliamo spesso e che entrambe ci poniamo come obiettivo finale, ma siamo consapevoli che prima di fare un passo così importante è necessario fare esperienze personali e crescere professionalmente.

Se volessi convincere un/a giovane a intraprendere la tua stessa carriera, cosa gli/le diresti?
Dico a chiunque che il restauro non si limita al dipingere o al saper ”aggiustare” qualcosa. Il restauro è riflessione, ragionamento, ricerca; mettere una parte di sé in tutto quel che si fa. E questo richiede tanta pazienza, perseveranza, rispetto e continua capacità di provare a migliorarsi, nonostante le difficoltà. Se si comprende questo allora ci si addentra in un mondo meraviglioso, con la garanzia di svolgere un mestiere unico.