BottegaNove

BottegaNove realizza mosaici decorati in ceramica e porcellana.
Abbiamo incontrato Christian Pegoraro, terza generazione di maestri ceramisti, che ha saputo interpretare in chiave innovativa l’antica tradizione della lavorazione ceramica.

Qual è la storia di BottegaNove? Come è iniziata la vostra attività?
BottegaNove nasce a fine 2013 con l’intenzione di produrre mosaici decorati in ceramica e porcellana con lavorazioni derivate dalla ceramica artistica. Sono cresciuto a Nove in mezzo alle ceramiche, mio nonno ha aperto la sua manifattura artistica nel 1964, portata avanti poi da mio padre e oggi da me insieme ad un altro socio.
Negli anni abbiamo collaborato con alcune importanti aziende del settore del rivestimento realizzando per loro decorazioni particolari caratterizzate da una elevata manualità e da un’alta artigianalità. Grazie a questa esperienza sul campo e al saper fare della tradizione di Nove, ho deciso di intraprendere un percorso individuale di produzione di mosaici decidendo fin da subito di approcciare la materia in modo nuovo grazie alla collaborazione con persone esterne alla produzione e capaci di lavorare con le idee e la creatività in campi trasversali, come l’architetto Cristina Celestino.

Che tipo di prodotti realizzate?
Realizziamo principalmente mosaici decorati da rivestimento in ceramica e porcellana. Lavoriamo anche nel campo della ceramica artistica, soprattutto con produzioni “tradizionali”, ma stiamo ora lavorando ad una contaminazione tra produzione da rivestimento (bidimensionale) e produzione in ceramica artistica, per arrivare anche in questo campo, a risultati inediti e di ricerca.
Ci consideriamo un’isola felice nel panorama del mosaico e delle piastrelle in genere: siamo tra i pochi a portare avanti una tradizione di produzione e di decorazione manuale delle singole tessere a fronte di un panorama standardizzato e anonimo nel settore del rivestimento.
La collezione Plumage rappresenta la sintesi del nostro saper fare e della ricerca e della visione creativa di Cristina Celestino. Per questo progetto sono stati creati degli stampi ad hoc che danno forma a tessere tridimensionali e con nervature in bassorilievo. Il progetto è declinato sia in porcellana (con impasto 100% Limoges) che in ceramica. La porcellana viene tinta in pasta, mentre le tessere in ceramica possono essere o monocromatiche (con o senza lustri cangianti) o decorate manualmente. Il mondo di riferimento è quello del piumaggio degli uccelli: la varietà è data sia dalla colorazione delle piume che dalle molteplici composizioni che si possono ottenere con queste.
Così i punti forti della nostra manifattura sono esaltati da questo progetto che ci permette, all’interno di un unico tema, di spaziare in un gamma infinita di decorazioni, anche custom, e ancora di ottenere i risultati più svariati componendo diversi tipi di tessere (come abbiamo fatto nei pannelli che mostreremo al Fuorisalone). Le vibrazioni sia cromatiche che materiche date dalle tessere fanno di questo progetto versatile e ricco un vero progetto di interior design.

Ezia Di Labio

Qual è la sua storia? Come è iniziata la sua attività?
Diplomata al Liceo Artistico a Pescara mi sono trasferita a Bologna dove ho cominciato a studiare il violino. Facevo curare il mio strumento al maestro liutaio Otello Bignami e praticamente passavo più tempo nel suo laboratorio che ad esercitarmi: il suo lavoro mi appassionava più dello studio e lui, persona estremamente sensibile, lo aveva capito. Per questo motivo mi propose di iscrivermi al corso di 4 anni di formazione di liutai che si sarebbe tenuto a Bologna sotto la sua guida: ho cominciato così, per caso!

Quali sono le caratteristiche del metodo bolognese nella costruzione di un violino?
Nella storia i maestri della scuola bolognese hanno espresso carattere, personalità e stile, con forme e modelli assolutamente riconoscibili; il percorso costruttivo è caratterizzato dall’utilizzo della forma interna, i bordi sono ben arrotondati, le punte del filetto hanno l’inconfondibile “pungiglione”. La vernice bolognese è riconoscibile per i toni rossi.

Hèléne Moreau

Qual è la sua storia? Come è iniziata la sua attività?
Nel 1986 sono andata a vivere a Palermo, raggiungendo un gruppo di amici musicisti, artigiani ed artisti. Provenivo da esperienze di lavoro in ambito sociale in Francia e con questo bagaglio mi sono inserita nella vita palermitana, dove ho vissuto nuove esperienze nel campo teatrale.
Questa per me è stata un’occasione importante poiché ho potuto sperimentare la tecnica del Serti su seta (una tecnica di colorazione) sia nella realizzazione di costumi teatrali che nel loro utilizzo scenografico.

Come mai ha scelto come location proprio Ortigia?
Con il mio compagno, diventato poi mio marito, abbiamo creato un corso professionale di decorazione su stoffa dove ho insegnato la tecnica del Serti a numerose donne dei quartieri popolari e non di Palermo. In seguito ho lavorato per le rappresentazioni classiche, realizzando i costumi per il Curculio di Plauto, ed ho scoperto in quell’occasione Ortigia, meravigliosa perla bianca affacciata su un mare splendente…Tanta ispirazione per la mia produzione di foulards di seta!
Nel 1992 ci siamo quindi trasferiti a Ortigia. A quei tempi nulla prevedeva uno sviluppo turistico della zona, tuttavia mi sono lanciata con passione nel mio lavoro .
Adesso che Ortigia è divenuta un centro turistico molto frequentato io continuo con sempre maggiore stimolo la produzione artigianale.

Il Museo Horne di Firenze

Era nelle intenzioni del suo fondatore, il collezionista e studioso londinese Herbert Percy Horne, fare della propria dimora la sede prestigiosa dove conservare le sue collezioni, ma anche un luogo pulsante di vita utile a conoscere la storia e l’arte. Nelle sale del museo Horne il Santo Stefano di Giotto emerge in tutta la sua importanza, ma la collezione comprende anche autori come Filippo Lippi, Bernardo Daddi, Simone Martini, Pietro Lorenzetti, Dosso Dossi, Antonio Rossellino, Jacopo Sansovino, Agnolo di Polo, Jacopo del Sellaio, Luca Signorelli, Pietro di Giovanni d’Ambrosio, Niccolò di Segna, Piero di Cosimo, Desiderio da Settignano, Bartolomeo Ammannati, Lorenzo di Credi, Carlo Dolci, Gian Lorenzo Bernini, Domenico Beccafumi, il Giambologna e una preziosissima tavola di Masaccio: i pezzi esposti sono oltre seimila.
Dalla fine dell’Ottocento questi capolavori insoliti di pittura, scultura, ceramica, oreficeria, mobili, placchette, sigilli e stoffe convivono elegantemente e in piena armonia nella sede di palazzo Corsi, nel quartiere di Santa Croce a Firenze.