Itinerari di Wellmade. La pietra leccese della “Terra d’Otranto”

Gli Itinerari di Wellmade sono realizzati per The Ducker e pubblicati nella sezione “Maestri”, a cura di Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.

In Puglia si trova un vero tesoro, sparso un po’ in tutta la Regione, ma soprattutto racchiuso nella zona che veniva anticamente chiamata “Terra d’Otranto”, ovvero il territorio delle odierne province di Lecce, Taranto e Brindisi. Si tratta di un gioiello della natura la cui lavorazione viene praticata da tempi remoti: la pietra leccese.

Materia prima prediletta da maestri artigiani, artisti e scultori locali, il “leccisu” ha reso le città della regione, e Lecce in particolare, vere protagoniste del barocco, epoca in cui questa pietra calcarea conosce il più grande splendore e viene impiegata per costruire e decorare chiese, architetture e monumenti. Esempi magnifici di questo periodo sono infatti la Basilica di Santa Croce e il Duomo di Lecce; ma anche i fregi, i capitelli e i rosoni che decorano i palazzi e gli edifici di culto della città.

Questa roccia viene estratta soprattutto nell’entroterra leccese, ma anche nel territorio di Brindisi, da cave a cielo aperto profonde fino a 50 metri. Nel tempo la pregiata pietra ha rappresentato una delle risorse più preziose per l’economia locale: grazie alla facilità di lavorazione, dovuta alla presenza di argilla nella composizione, il materiale è ancora oggi largamente impiegato nella decorazione di interni, nell’arredo e nella realizzazione di opere artistiche.
Wellmade, il sito e l’app che promuove i migliori artigiani italiani, ci guida alla scoperta di tre interessanti realtà che lavorano questa pietra a regola d’arte, tra la provincia di Lecce e quella di Brindisi.

Itinerari di Wellmade: il micromosaico, eterna bellezza

Gli Itinerari di Wellmade sono realizzati per The Ducker e pubblicati nella sezione “Maestri”, a cura di Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.

Culla della civiltà, dell’arte e della cultura, città eterna: Roma è un luogo dal fascino intramontabile, dove “portano tutte le strade”. Fin dall’antichità, la città è sempre stata terreno fertile per invenzioni e innovazioni, anche nell’ambito delle tradizioni artigiane: dalla lavorazione del marmo al vetro, dalla ceramica all’oreficeria, dall’affresco al mosaico. È proprio su quest’ultima tecnica che vale la pena soffermarci: una forma d’arte che continua a vivere in alcuni piccoli o grandi atelier della città, dove si respira ancora l’essenza della botteghe rinascimentali.

A Roma il mosaico si è evoluto in una variante ancora più pregevole e raffinata, chiamata micromosaico, o mosaico minuto. Questa lavorazione è nata alla fine del Settecento, tra le mura dello Studio Vaticano del Mosaico e nel cantiere della veneranda Fabbrica di San Pietro: in questi due importantissimi contesti si formavano e lavoravano i mosaicisti che decoravano o restauravano gli interni della basilica di San Pietro.

Questi maestri artigiani realizzavano incredibili decorazioni, ricorrendo al mosaico con tessere di smalto a base vetrosa: una lavorazione meno soggetta al degrado e all’umidità rispetto alla pittura, con cui realizzavano copie degli originali dipinti della chiesa. L’uso, innovativo e inedito per l’epoca, di tessere sempre più minute, permetteva di creare opere che riproducevano un effetto simile, e quasi indistinguibile se visto da lontano, a quello di un dipinto o un affresco.

Il micromosaico era inizialmente destinato soprattutto alla decorazione di oggetti e accessori di piccole dimensioni, da osservare da vicino, come soprammobili, tabacchiere, cofanetti, calamai e scatoline (amatissimi souvenir del Grand Tour in Italia) oltre ai gioielli, ma veniva impiegato anche per decorare interni di abitazioni e palazzi, sostituendosi agli intarsi in legno, in avorio e in pietra.
L’apprezzamento della produzione “in piccolo” ha portato la Fabbrica di San Pietro a ufficializzare la tecnica, affiancandola quindi a quella “in grande”.

Oggi vi guidiamo alla scoperta di tre botteghe dove tuttora si porta avanti questa preziosa eredità romana: tre atelier presenti su Wellmade, piattaforma digitale della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, che presenta e promuove le realtà artigiane d’eccellenza del nostro territorio.

Diego Poloniato, il poeta della ceramica di Nove

Diego Poloniato è un maestro ceramista cresciuto a Nove (Vicenza), centro di eccellenza per la tradizione ceramica.
È specializzato nella creazione dei tipici “cuchi” e “arcicuchi” veneti, sculture “fischianti” in terracotta di diverse dimensioni, dalle forme svariate e curiose; ma realizza anche soprammobili e sculture in argilla, padroneggiando diverse tecniche di modellazione e colorazione, dagli ossidi agli ingobbi, sfruttando anche le sfumature della terra.
Il suo stile è davvero inconfondibile, fantasioso, fiabesco e originale, molto poetico, giocoso e a tratti venato di ironia; con le sue mani Diego dà vita galletti, ussari a cavallo, pagliacci, pinocchi ed altri animali, anche combinati in complesse scene epiche, realizzate con grande maestria e virtuosismo..
Nel 2020 ha ottenuto il riconoscimento “MAM – Maestro d’Arte e Mestiere” della Fondazione Cologni.

Come e perché ha cominciato a dedicarsi alla ceramica?
Sono nato in una famiglia dove quasi tutti lavoravano la ceramica: il papà, la mamma, gli zii e i cugini; perciò è un materiale da sempre presente nella mia vita. Fin da piccolo guardavo curioso mio padre che creava dall’argilla e dai semirefrattari sculture minuscole o imponenti, e provavo a imitare i suoi gesti. Amavo stare accanto a lui e cercare di imparare il più possibile, mentre mi raccontava le storie di un tempo, della sua vita di stenti da fanciullo durante la guerra. Diventò insegnante di formatura ceramica presso l’Istituto Statale d’Arte di Nove, la scuola che ho frequentato per i tre anni del corso professionale, con l’imbarazzo adolescenziale di avere il padre come docente di laboratorio.
Al termine del corso di studi ho lavorato in una fabbrica che produceva sculture di arredamento per circa quattro anni, dopodiché ho deciso che i tempi erano maturi per aprire il mio laboratorio artigiano. Mio padre continuò ad insegnarmi i segreti del suo mestiere, mentre io cercavo la mia identità di ceramista.

Nove è un importante centro di produzione ceramica. Che importanza ha avuto per la tua carriera di ceramista il legame con il territorio?
Il legame con il territorio è, ed è sempre stato, fondamentale per la mia crescita professionale e artistica: mi ha dato l’opportunità di entrare in contatto con l’antica tradizione, e allo stesso tempo di confrontarmi con innovazioni stilistiche, tecnologiche e materiche. Crescere in un paese con una fervente creatività e laboriosità mi ha fornito lo stimolo e le conoscenze per evolvere nel mio stile personale, differenziandomi dagli altri ceramisti.

Itinerari di Wellmade: la ceramica di Oristano tra cultura nuragica e suggestioni contemporanee

Gli Itinerari di Wellmade sono realizzati per The Ducker e pubblicati nella sezione “Maestri”, a cura di Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.

Oristano, città della ceramica, città di tradizioni. Tradizioni culturali, folkloristiche e identitarie risalenti a molti secoli fa, una su tutte quella della lavorazione dell’argilla che, grazie alle caratteristiche favorevoli del territorio, si pratica fin dal Neolitico e ha visto una fertile evoluzione attraverso le diverse epoche della storia.
La città ha sempre goduto di un vero e proprio primato nella produzione, commercio ed esportazione della ceramica, in particolare in epoca tardo-medievale e rinascimentale, quando a Oristano esisteva già il “borgo dei figoli”, ovvero una zona destinata unicamente ai ceramisti, riuniti in un “gremio”, la corporazione di mestiere in Sardegna.
Nel capoluogo si trova inoltre una prestigiosa scuola a vocazione artigianale, che forma giovani ceramisti, fondata nel 1961 da Arrigo Visani, oggi intitolata a Carlo Contini.
La tradizione prosegue ancora oggi, dal centro alla provincia, grazie alla fervida attività di numerose botteghe artigiane, che propongono i motivi della tradizione sarda e oristanese, ma che sanno anche innovare la tradizione con forme e decori più contemporanei.
Wellmade, la piattaforma che guida alla scoperta delle più interessanti botteghe artigiane del nostro Paese, ci suggerisce un itinerario che include tre importanti realtà.

Andiamo allora a Cabras, piccolo comune che si affaccia sul Golfo di Oristano, a soli 7 chilometri dal centro, per scoprire il lavoro del maestro Angelo Sciannella: nato a Castelli, altra importante città della ceramica in Abruzzo, cresce tra i vasi di argilla e apprende la diverse tecniche di lavorazione della ceramica nel suo paese natale.
Nel 1962 si trasferisce in Sardegna, dove, parallelamente alla docenza all’Istituto d’Arte Contini, si dedica a una fervida produzione di ceramiche, combinando i motivi dell’artigianato sardo con la sua cultura d’origine. Oggi il maestro continua a produrre manufatti, partecipare a concorsi ed esporre le sue opere. Nel suo atelier è possibile ammirare i suoi lavori da vicino: oggetti d’uso e opere scultoree espressive e dal gusto raffinato, che gli hanno consentito di ricevere importanti riconoscimenti.

Simona Scala e l’impresa di famiglia Ornella Bijoux: un saper fare tramandato di madre in figlia

Ornella Bijoux è un’azienda artigiana fondata a Milano nel 1944 da Piera Barni. Una storica attività con una vicenda incredibile, che continua oggi grazie al talento e alla determinazione di Simona Scala, terza generazione alla guida.
Nell’atelier si realizzano gioielli dal sapore vintage, ispirati al design Liberty e non solo, ma anche dal gusto più contemporaneo, costituiti da originali composizioni di metalli e pietre veneziane, ceramiche dipinte a mano e cristalli, perle e conchiglie, ma anche smalti, corde, cuoio e piume, mescolati con grande libertà, armonia e originalità.
Un’impresa tutta al femminile, dove il saper fare e la maestria artigianale vengono tramandati di madre in figlia, ormai da quasi 80 anni.


Raccontaci la storia di “Ornella Bijoux”, atelier di alta bigiotteria di cui sei titolare.
La storia di Ornella Bijoux risale alla seconda guerra mondiale, ed è una storia di coraggio e resistenza scritta dalle donne: l’azienda fu fondata nel 1944 da mia nonna Piera Barni, che all’epoca lavorava come segretaria presso la Gi.Vi.Emme Profumi dei Visconti di Modrone. Dall’oggi al domani si trovò a dover decidere se fare il grande salto e rischiare tutto iniziando un’attività imprenditoriale.
Durante la guerra infatti dal mercato scomparvero sia l’oro, materia prima per la creazione di gioielli, che l’alcool, necessario per la produzione di profumi.
Così la Gi.Vi.Emme, per sopperire all’impossibilità di produrre profumi, propose a Calderoni Gioielli di disegnare e produrre una collezione di bijoux, che la Gi.Vi.Emme stessa avrebbe commercializzato attraverso la sua rete di distribuzione.
Quando nel 1944 tornarono sul mercato sia l’oro che l’alcool, le due aziende ripresero le loro produzioni ordinarie, e l’allora direttore artistico della Gi.Vi.emme, Dino Villani, propose a mia nonna di acquistare il campionario di bijoux e iniziare una nuova vita.
Ancora oggi mi sorprendo del coraggio di questa scelta perché mia nonna era vedova con tre figli e la mamma a carico, e manteneva tutti con il suo stipendio di segretaria; ma, soprattutto, si era ancora nel pieno della seconda guerra mondiale.

Mia nonna convocò mia mamma, che all’epoca aveva 14 anni e frequentava la prima superiore, e le disse che avrebbero cominciato una nuova vita e un nuovo lavoro.
Sotto i bombardamenti, come mi raccontava con orgoglio mia madre, cominciarono a girare la Lombardia e il Veneto in bicicletta per proporre i loro bijoux, e arrivarono anche nel Sud Italia grazie alla generosità dei camionisti, ai quali chiedevano un passaggio, poiché in quel periodo le linee ferroviarie erano tutte interrotte.

Per qualche anno vissero di rendita con i modelli che avevano venduto, poi mia mamma, Maria Vittoria Albani, mostrò immediatamente una straordinaria attitudine al disegno e alla creazione artistica e divenne, pur senza aver mai studiato, il pilastro di Ornella Bijoux: dalla sua fantasia e dal suo estro sono nati più di 30.000 modelli che ancora oggi vengono venduti.
Negli anni è entrato a far parte dell’azienda anche mio padre, Mario Scala, che, conosciuto in treno da mia mamma e mia nonna durante uno dei loro tanti viaggi, fu immediatamente “arruolato” e, fino alla sua prematura scomparsa, si occupò dell’amministrazione dell’azienda.
Nel 1962 decisero di aprire anche un prestigioso punto vendita in via Montenapoleone con il nome di “Creazioni Maria Vittoria”, dove più di una volta, grazie alla collaborazione con Biki, la famosa sarta milanese, furono realizzati gioielli per Maria Callas.

Costanza Macrì e Monica Candido, vincitrici del Concorso “Artigiano del Cuore” 2023

Costanza Macrì e Monica Candido si sono conosciute tra i banchi della Scuola Orafa Ambrosiana, dove si sono formate come orafe e designer di gioielli. Poi hanno fondato insieme CosMonique, brand di gioielli contemporanei, progettati e realizzati a quattro mani.
Le vincitrici della sesta edizione di “Artigiano del Cuore” (2023), raccontano la loro storia e i loro obiettivi futuri, che il premio previsto dal Concorso contribuirà a realizzare.

Complimenti per la vittoria! Come avete vissuto il concorso Artigiano del Cuore?
Grazie! Siamo molto felici di aver raggiunto questo traguardo, gareggiavamo assieme ad altre realtà molto interessanti ed eravamo in fermento durante le votazioni.
Il concorso per noi è stata una nuova e divertente sfida che ci ha dimostrato ancora una volta quanto la nostra rete ci sostenga e ci dia grande supporto, e questa forse è stata la soddisfazione più grande.

Qual è stato il vostro percorso individuale e come siete arrivate alla decisione di fondare insieme un’impresa artigiana e un brand di gioielli?
Come evoca il nome, CosMonique Gioielli ha preso vita grazie alla spinta creativa che ci ha unite. Ci siamo incontrate tra i “banchetti” della Scuola Orafa Ambrosiana nel 2012, dopo due diversi percorsi formativi in ambito artistico.
La nostra collaborazione è nata spontaneamente, partecipando a un concorso sul gioiello d’arte: è stata l’occasione per avvalorare la sinergia tra di noi, dando vita alla prima collezione “Preziosi di natura”, che ha dato il via alla nostra collaborazione e a cui ancora oggi siamo estremamente legate.
Abbiamo voluto fortemente trasformare questa passione nel nostro mestiere e ci siamo tuffate in questa ardua avventura, perché ci ripagasse soprattutto con la delizia che ci da fare ciò che amiamo, ogni giorno.

Costanza Macrì e Monica Candido sono le vincitrici del Concorso “Artigiano del Cuore” 2023!

Costanza Macrì e Monica Candido, orafe milanesi titolari di CosMonique Gioielli, sono le vincitrici del Concorso Artigiano del Cuore2023!

Dopo essere state selezionate come finaliste insieme ad altre 9 imprese artigiane, è stata la community, tramite votazione online, a sceglierle come “Artigiane del Cuore”: grazie al grande sostegno del pubblico e a oltre 1000 voti raccolti, Costanza e Monica hanno conquistato la vittoria del Concorso. Potranno così ricevere il premio in palio: beneficeranno di una risorsa, selezionata e messa a disposizione da Fondazione Cologni, che lavorerà per tre mesi a tempo pieno alla promozione della loro impresa artigiana e del loro brand di gioielli CosMonique, sotto la supervisione dell’agenzia di comunicazione TA-DAAN.
Tutti i costi saranno coperti da Fondazione Cologni e Serapian, sponsor ufficiale del Concorso.

L’affiancamento si terrà nei mesi da settembre a dicembre 2023. Durante questo periodo, la risorsa selezionata e TA-DAAN proporranno e porteranno avanti un piano di comunicazione digitale su misura, per promuovere il lavoro di Costanza e Monica in maniera innovativa, efficace e originale, che gli permetterà di aumentare la visibilità della loro attività, raccontare l’unicità e l’eccellenza del loro lavoro e raggiungere nuovi clienti.

Artigiano del Cuore 2023: vi presentiamo i 10 finalisti

Sono stati selezionati i 10 finalisti del concorso “Artigiano del Cuore”, promosso da Fondazione Cologni e da Wellmade, e giunto quest’anno alla sesta edizione, dedicata ad artigiani e imprese artigiane con sede in Lombardia, che portano avanti un mestiere d’arte. Scelti dalla commissione interna alla Fondazione Cologni tra le tante candidature ricevute, i selezionati possono accedere alla fase successiva del contest: ora tocca al pubblico, tramite votazione online su questa pagina, dal 21 al 28 giugno alle 15, decretare il vincitore o la vincitrice, che potrà beneficiare del premio in palio.

I finalisti della VI Edizione del Concorso Artigiano del Cuore sono:

🏅 Francesca Mellace, Orafa – Milano
🏅 Iulian Rosu, Decoratore – Milano
🏅 Anita Cerrato, Restauratrice di Ceramiche – Milano
🏅 Atelier Pozzebon, Tappezzieri – Palazzolo sull’Oglio (BS)
🏅 Marco Castellini e Michela Bertanza | MC Paper, Artigiani della Carta – Toscolano Maderno (BS)
🏅 Giulia Carlucci e Federica Zanardelli | Fiorisco Atelier, Decoratrici – Milano
🏅 Andrea Zambelli, Arredatore e Falegname – Milano
🏅 Costanza Macrì e Monica Candido | CosMonique, Orafe – Milano
🏅 Michele Garbin, Argentiere – Laveno Mombello (VA)
🏅 Giorgio Piva, Ceramista – Monza

Fino al 28 giugno alle 15 puoi votare il tuo Artigiano del Cuore sulla pagina di votazione, scegliendo solo un/a finalista e votando una volta sola.
Chi riceverà più voti, avrà diritto al premio in palio. Il vincitore o vincitrice sarà annunciato/a giovedì 6 luglio, sul sito ufficiale del concorso (www.artigianodelcuore.it) e sui canali social di Wellmade.
Scopri le storie dei finalisti e vota il tuo preferito o la tua preferita!

Vincenzo Aucella: Post Fata Resurgo

Laura Inghirami, giornalista e consulente specializzata nel settore del gioiello, e Founder Donna Jewel, ha intervistato per Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte i Maestri vincitori del premio MAM – Mastro d’Arte e Mestiere nella categoria Gioielleria – Argenteria – Oreficeria.

Vincenzo Aucella, Marketing Manager e Maestro Artigiano di Aucella, e Presidente di Assocoral, vincitore del premio MAM – Maestro d’Arte e Mestiere, ci ha accompagnati alla scoperta della storia dell’azienda di famiglia specializzata nella lavorazione e produzione di coralli e cammei, e di Torre del Greco, territorio sede di un’affascinante tradizione secolare. “Post Fata Resurgo”: questo il motto della città che, come la leggendaria fenice, è sempre risorta dalle difficoltà per costruire un futuro fatto di unicità, arte e bellezza.

La storia di Aucella ha inizio nel 1930. Oggi Vincenzo e Manuel, sotto la guida esperta del papà Carmine, rappresentano la quarta generazione della famiglia, che negli anni ha saputo trasformare l’azienda da piccolo laboratorio orafo a eccellenza italiana riconosciuta nel mondo. “Fu in particolare mio nonno Giovanni – racconta Vincenzo Aucella – a costruire la visione dell’azienda, dando una forte spinta all’internazionalizzazione. Era un uomo che godeva di grande stima qui a Torre del Greco per la sua competenza e generosità, che lo portavano ad aiutare sempre il prossimo e a investire sull’arte per dare un futuro agli artisti che incontrava sul suo cammino”.
La propensione attiva verso l’impegno sociale è rimasta ancora oggi una caratteristica essenziale dell’azienda. “I nostri valori fondanti sono la promozione della creatività e dell’arte, il rispetto per i nostri collaboratori, la condivisione e lo spirito di squadra”.

Paolo Pagliai. L’arte dell’argento ai tempi dei fiaccherai

Laura Inghirami, giornalista e consulente specializzata nel settore del gioiello, e Founder Donna Jewel, ha intervistato per Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte i Maestri vincitori del premio MAM – Mastro d’Arte e Mestiere nella categoria Gioielleria – Argenteria – Oreficeria.

“I fiaccherai – racconta il Maestro Paolo Pagliai – erano gli antichi conducenti delle carrozze a cavalli. È a loro che mio padre, Orlando Pagliai, fondatore dell’azienda, negli anni ‘40 consegnava i suoi bigliettini da visita scritti a mano affinché li diffondessero, per farsi conoscere e trovare clienti”.
Un’affascinante storia d’altri tempi quella di Paolo Pagliai, artigiano fiorentino vincitore del premio MAM – Maestro D’Arte e Mestiere, specializzato nella produzione e lavorazione di argenteria, nella realizzazione su richiesta di pezzi unici e nel restauro. Oggi punto di riferimento d’eccellenza, l’argenteria Pagliai è stata riconosciuta come Esercizio Storico Fiorentino di pregio.